Intervista a Daniela Lojarro parte 1

Napoleonardo: Il nostro sito è onorato di avere un ospito tanto importante: Daniela Lojarro è una musicista di altissimo livello nel panorama del canto lirico e una persona molto interessante sotto ogni punto di vista. Abbiamo il piacere di intervistarla dopo aver recensito qui su warlandia il suo libro d’esordio di cui abbiamo avuto già pubblicato diversi articoli: Il suono sacro di Arjiam.

Intervista a Daniela Lojarro

Ciao Daniela, grazie per la disponibilità e per aver accettato di dedicarci del tempo. Sappiamo che sei di Torino e che hai imparato a parlare cantando grazie alla tua famiglia. Ho letto che hai imparato a leggere sui libretti delle più note opere liriche. Una vita per la musica? Parlaci un po’ di te.

Daniela Lojarro: innanzitutto, grazie per il tempo che hai dedicato al mio romanzo e lo spazio che gli dedichi sul tuo sito. Gli autori esordienti/emergenti che pubblicano con piccole case editrici, come nel mio caso, senza l’interesse di lettori, librai e appassionati come te non avrebbero speranza di farsi conoscere. Questo tipo di promozione (blog, anobii, facebook), benché impegnativa in termini di tempo, porta enormi soddisfazioni a livello personale perché si entra veramente in contatto con le persone e si può instaurare con loro un rapporto e uno scambio diretto che continua al di là della lettura del libro.

Una vita immersa nella musica! È vero: ho imparato a leggere sui libretti d’opera e, come conseguenza, da bambina usavo talvolta termini a dir poco desueti oppure mi piaceva impersonare i ruoli che più mi avevano colpito a teatro sia che fossero personaggi maschili sia femminili. Dopo gli studi musicali, i corsi di perfezionamento e i concorsi ho iniziato la mia attività come cantante un po’ ovunque per il mondo (Londra, Montecarlo, Zurigo, Miami, Dublino, Seoul, Parigi, Rotterdam, Berlino, Pretoria, Modena, Bari, Napoli, Parma, Venezia …) capitando anche in contatto con il mondo del cinema: ho inciso diverse colonne sonore, per esempio, per M. Scorsese – The departed, per F. Zeffirelli – Toscanini. Sicuramente è stata un’esperienza entusiasmante sia perché viaggiando (io adoro viaggiare!) sono entrata in contatto con culture diverse dalla nostra, esperienza importante per avere una mente aperta e pronta a cogliere sempre nuovi stimoli e a raccogliere nuove sfide, sia perché ho incontrato persone che sono state fondamentali per la mia crescita sotto tutti i punti di vista umano musicale culturale. Non sono mancati gli scontri, le delusioni ma ritengo che, sul lungo periodo, anche le esperienze «negative» possano aiutare ad evolversi. Infatti, è stato in un periodo di «mutazione» che ho deciso di sviluppare diversamente il mio rapporto con la musica, studiandone anche gli aspetti terapeutici: ho lasciato il palcoscenico per ritornare a scuola. Da poco ho terminato il corso di Audio-psico-fonologia, una terapia di riabilitazione per la voce e l’ascolto, e quello di medicina di base. Anche il libro è nato più o meno nello stesso periodo. Lo studio riguarda l’evoluzione professionale; il libro, invece, quella personale: si è trattato di un bisogno a livello emozionale e forse anche una sfida! Da buona musicista, infatti, ho sempre ritenuto la musica il mezzo espressivo per eccellenza, con un codice universale comprensibile immediatamente a chiunque al contrario della parola.

Daniela Lojarro è una cantante lirica di successo

Napoleonardo: Ho percepito sin dall’inizio della lettura de Il Suono Sacro di Arjiam un atmosfera speciale, mediterranea e fortemente legata alla cultura musicale di cui sei innamorata. Ci dici come mai hai volutamente nascosto fra le stradine di Arjiam un mondo appartenuto alla nostra storia e alle terre di un Eurasia che è stata tanto importante per l’attuale mondo in cui viviamo? (se ho capito correttamente!!!)

Daniela Lojarro: Hai capito benissimo! Arjiam è un regno mediterraneo nel senso più ampio del termine, un luogo che rappresenta, in maniera fantastica ovviamente, il crogiolo di popoli, di culture, di scontri e di scambi (entrambi a tutti i livelli politico e culturale) che è stato questo angolo di «mondo reale». Però, non ho volutamente nascosto fra le stradine di Arjiam qualcosa ma direi piuttosto che ho descritto una parte di storia, di cultura, di tradizione che amo e che mi appartiene in maniera così profonda che è sgorgato naturalmente senza nemmeno doverci pensare a tavolino se non in una fase successiva di rielaborazione per correggere incongruenze. Una volta delineato questo mondo dai forti colori, odori e sapori mediterranei, è stato poi facile trovare nella memoria i ricordi per le descrizioni di ambienti, luoghi e paesaggi. Il Santuario del Suono Sacro è copiato dal celebre Castel del Monte di Federico II in Puglia; la casa dell’Armonia del Nahater rispecchia la Sagra di San Michele in Val di Susa, abbazia che io vedevo dalla mia stanza da bambina; invece, la biblioteca, dove si svolge la scena finale del libro, ricorda lo Scriptorium del monastero di Fonte Avellana. Gli abiti (io dico sempre costumi: deformazione professionale!) sono di tipo tardo medioevale e orientaleggianti. Negli intrecci «politici» della vicenda è facile ravvisare la nostra stessa storia di scontri fra famiglie potenti che si alleano fra loro oppure che si scontrano sempre alla ricerca di un potere più grande. Credo che in questa mia visione «mediterranea» conti molto il fatto di avere alle spalle delle origini alquanto miste: sono nata a Torino ma la famiglia di mia madre è in parte di origine savoiarda, quella di mio padre ha ascendenze ispaniche/sefardite e napoletane. Vivo a Zurigo e, vivere al nord delle Alpi, rende ancora più forte il legame con le proprie radici.

Napoleonardo: Nel tuo bel libro, Farhyon deve cercare l’Unità dell’Armonia e della Malia e non combattere l’una con il potere dell’altra. Questa necessità di unità è più volte ripetuta in diverse situazioni del romanzo. Da cosa sei partita per generare l’idea della Sintonia?

Daniela Lojarro: Alla base del concetto di Sintonia e, più in generale del Suono Sacro, c’è l’idea di Unità che è presente un po’ in tutti i miti cosmogonici, in molte religioni o tradizioni iniziatiche. Nel libro sono confluite, senza che lo avessi veramente programmato a priori, le emozioni/riflessioni che hanno suscitato in me le letture di testi sufi, i saggi su Zoroastro, gli Esseni, i Rosacroce, Pitagora, oppure gli scritti di Schneider, Graves, Guénon rispettivamente sulla musica primitiva/sciamanesimo, sui miti e sulla tradizione sacra. Il Suono Sacro è l’Unità che concilia in Sé Morte e Vita, Suono e Silenzio, Luce e Oscurità e, per questo motivo, ho scelto come simbolo l’Uroburo, il serpente che si morde la coda e che indica l’eternità, l’unione degli opposti all’interno della totalità. La Sintonia nel libro rappresenta il cammino di elevazione dell’uomo che lo porta a mettersi in uno stato di tale equilibrio da poter percepire questo Suono primordiale da cui ha avuto origine il mondo: un cammino iniziatico per raggiungere un superiore livello di consapevolezza. Questo ordine, o unità, viene spezzato da un desiderio di onnipotenza (e sottolineo desiderio/scelta non colpa): separazione, quindi dualità, significa opposizione di due principi che prima formavano un equilibrio perfetto e da qui la divisione della Sintonia, cioè della forma più perfetta di «magia», in Armonia, una magia benefica che sfrutta le caratteristiche positive di un solo aspetto della Vibrazione cioè il Suono, e in Malia, una magia negativa legata al Silenzio e all’Oscurità. Il compito di cui si trova investita Fahryon è trovare il mezzo per riunire Armonia e Malia nella Sintonia senza però cadere nell’errore di usare una contro l’altra perché l’Unità si può conseguire solo nell’equilibrio delle parti e non attraverso la loro contrapposizione. Il discorso a questo punto diventa complesso ma nel libro non ho approfondito l’aspetto più di tanto altrimenti sarebbe stato un saggio e non un romanzo fantasy. Personalmente, per Unità dove non esiste contrapposizione non intendo certo un insieme di Luce e Tenebra, attributo che non può appartenere al divino; mi rifaccio piuttosto a quanto scrive Mahmûd Shabestarî nella sua opera il «Roseto del Mistero»: «Notte luminosa, Mezzogiorno oscuro!» dove per Notte s’intende la notte della pura Essenza, senza colore né determinazione, inaccessibile al soggetto conoscente perché precede ogni atto di conoscenza, tuttavia luminosa perché essa è ciò che fa essere il soggetto, ciò che lo fa vedere facendolo essere.

Napoleonardo: E’ chiaro che quando parli di Armonia non intendi soltanto quella musicale, però il linguaggio è permeato di continuo dalla musica. Vuoi approfondire questo concetto?

Daniela Lojarro: Armonia, Musica, Suono sono strettamente intrecciati fra loro nella mia vita e così nel mio libro. Per Armonia non intendo quella che si studia al conservatorio, ovviamente; ma piuttosto l’equilibrio delle forze che scorrono in noi o, in senso ampio delle «parti» che costituiscono l’essere umano. Siamo dotati di un corpo, di un Io, di un Sé, se usiamo un certo tipo di linguaggio; se usiamo un linguaggio più semplice possiamo usare dei simboli come cuore, mente, spirito … e così via. Dal mio punto di vista, non possiamo intervenire in uno di questi ambiti senza che anche gli altri ne vengano influenzati. Svilire, per esempio, il nostro corpo, sia negandogli una sua dignità sia esaltandolo in maniera esclusiva, significa togliere «peso» o aggiungerne a dismisura agli altri due con un conseguente disequlibrio. Cercare l’Armonia significa avere il coraggio di mettersi sempre in gioco, senza dar mai per scontato di aver raggiunto la meta finale, per andare alla ricerca dell’equilibrio di queste parti che è continuamente sotto l’influsso degli stimoli che ci vengono dall’esterno, dalla nostra evoluzione personale e dalle nostre esperienze. Armonia, perciò, significa sapersi ascoltare e voler ascoltare anche l’altro. Per quanto riguarda la scrittura, sono partita dall’idea di cercare, trovare e sviluppare una forma di scrittura/linguaggio che potesse essere altrettanto «comunicativa» dal punto di vista emozionale quanto la musica stessa.  Musica e scrittura adottano segni diversi di trascrizione ma, in realtà, entrambi nascono dall’ascolto, dall’impulso e dal desiderio di comunicare/rsi. Cantare, per me, è cercare di conferire alle note quel colore che possa trasmettere il movimento dell’animo che sta alla base del pensiero creativo del compositore a chi ascolta. Scrivere è cercare la parola, fra tutte quelle che usiamo abitualmente nelle relazioni sociali, capace di suscitare nel lettore la vibrazione legata all’emozione come se la stesse vivendo o rivivendo. Per questo in entrambi i casi è un lavoro di rifinitura, di attenzione e di tensione (nel senso del divenire del tendere a qualcosa) fino a che non ho trovato la risonanza che mi pare più consona, l’accordo che fa vibrare che mette in risonanza scrittore e lettore. Giuseppe Verdi a proposito dei libretti delle sue opere, sui quali faceva letteralmente impazzire il malcapitato poeta di turno, soleva dire: «Io ho bisogno della parola scenica. Per parola scenica io intendo dire la parola che scolpisce e rende netta ed evidente la situazione».

Il suono sacro di Arjiam

Napoleonardo: E la Malia? Come nasce il termine che usi per definire questa seconda faccia della Sintonia e come spiegheresti l’idea in sé della Malia?

Daniela Lojarro: Malia contiene la radice latina malus cioè cattivo. In italiano ha il significato di una capacità, non necessariamente legata alla magia, di ottenere effetti sconcertanti e inconsueti spesso in combinazione con lo sguardo. Mi piaceva l’idea di questo «potere» che affascina, che seduce come un certo tipo di pubblicità dei nostri giorni che ti entra nella testa togliendoti poco per volta la capacità di pensare liberamente. Nel racconto, la Malia è un potere che, in chi la pratica, esaspera il desiderio di onnipotenza; in chi la subisce porta alla totale confusione, alla perdita di equilibrio e, di conseguenza, induce paura, angoscia, pensieri di disperazione così profonda da desiderare la morte fisica e l’annientamento spirituale. Se, nel racconto, l’Armonia è la magia che si lega al Suono e alla Luce come manifestazione fisica visibile del Suono primordiale per permettere ai Magh di risanare, la Malia, al contrario, si serve del Silenzio e dell’Oscurità per ammaliare, stordire il nemico e asservirlo alla propria volontà.

Napoleonardo: La magia dei Magh è speciale: tutto origina sempre da un canto curativo o lenitivo. Ha a che fare con il mestiere che fai? Mi pare di aver letto che, oltre al canto, ti occupi di terapie musicali. Ci dici qualcosa?

Daniela Lojarro: Esatto. Come ti ho accennato prima, sono terapista del metodo Tomatis, noto anche come Audio-psico-fonologia. Alla base della terapia c’è la scoperta fatta negli anni ’50 da Alfred Tomatis, specialista otorinolaringoiatra, che la voce può riprodurre solo le frequenze che l’orecchio ascolta. Per Tomatis, infatti, esiste una differenza fondamentale tra udire e ascoltare. Udire è una funzione passiva: le orecchie sono sempre aperte, anche quando si dorme. Al contrario, ascoltare è una funzione attiva che implica la volontà di scegliere tra tutti gli stimoli sonori che si ricevono quelli che si vogliono inviare coscientemente al cervello perché vengano analizzati ed elaboratis. Si tratta, quindi, di una terapia di riabilitazione della voce e dell’ascolto indirizzata a chi a problemi di sviluppo della lingua, sia parlata che scritta, con conseguenti difficoltà di comunicazione e integrazione (cioè problemi tipo dislessia, balbuzie, iperattività, mancanza di concentrazione, di coordinazione). Oppure è indicata a chi lavora con la voce, come attori, cantanti, manager, insegnanti, che accusano stanchezza vocale o che hanno bisogno di trovare una migliore impostazione vocale. Tramite un test, si vedono quali sono le frequenze che «mancano» e poi si lavora su quelle. La terapia è suddivisa in una fase passiva, in cui il soggetto viene stimolato tramite l’ascolto di quelle frequenze e l’orecchio fa come una micro-ginnastica, e in una fase attiva in cui il soggetto legge ad alta voce, canta, esegue esercizi di respiro e coordinazione motoria. Entrambe le fasi avvengono tramite l’uso di una cuffia e di uno speciale apparecchio, detto orecchio elettronico, che, grazie a un sistema di filtri, permette il passaggio delle frequenze stabilite.

continua…

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